La Scala verso il successo per Skoda

Il suo nome è una riuscitissima metafora: la nuova Skoda si chiama Scala, proprio come lo strumento che gradino dopo gradino si utilizza per ascendere, in questo caso di qualità.

Skoda Scala rappresenta un perno della nuova strategia di attacco ancora più globale dell’azienda ceca, una 5 porte berlina realizzata a partire dalla piattaforma MQB A0 messa a disposizione dal Gruppo Volwswagen, e posta in comune ad altri modelli come Ibiza e Polo, due “cugine” non di poco conto.
Su essa però è stato costruito un modello del tutto nuovo a partire dallo stile, che si presenta molto più aggressivo di quanto Skoda con il suo fare rassicurante ci aveva sempre proposto, con frontale pronunciato e fiancate scolpite da profonde nervature che vogliono renderla muscolosa oltre che slanciata grazie alla sua lunghezza di 4,36 metri, che in realtà sembrano essere addirittura di più.


L’ampio abitacolo si presenta con sedili comodi ed una eccellente luminosità naturale che accresce le sensazioni si spazio a bordo, e con un impianto generale sobrio ma funzionale come il marchio ci ha abituati. A tanto spazio si assomma un bagagliaio da record per la categoria, con stazza di 467 litri.
Sulla plancia dal design molto leggero e che può essere personalizzata con un fascione in diversi materiali a scelta tra cui il legno spicca il grande schermo da 9,2″, posizionato perfettamente per la sua lettura.

Per i motori invece le scelte possono ricadere sui benzina 1.0 a 3 cilindri, da 95 o 116 cavalli, oppure sul tradizionale 4 cilindri 1.5 da 150 cavalli. Arriverà anche una versione eco a metano per il motore 1.0, ed infine a listino c’è anche il TDI diesel 1.6. Molto interessante la possibilità di dotarla di cambio robotizzato a doppia frizione, disponibile per tutti i propulsori tranne che per il mille meno potente.

Dotazioni ed allestimenti per questo veicolo che debutterà nelle concessionarie in primavera sono già stati annunciati ricchi, con strumentazioni di sicurezza ormai immancabili quali il mantenimento della carreggiata, la frenata automatica d’emergenza e il cruise control adattivo.

 

Le 5 automobili più iconiche del mondo dei fumetti

Il mondo dei fumetti è popolato da eroi e personaggi che quasi sempre, per meglio imprimersi nell’immaginario collettivo e risultare subito riconoscibili, hanno bisogno di alcuni punti fermi e costanti che si ritrovano avventura dopo avventura per costituire una continuity ed uno scenario che sappia diventare “familiare”.
A questo scenario appartengono molto spesso anche le automobili, che per alcuni “eroi di carta” rappresentano un’estensione senza la quale, forse, non sarebbero gli stessi!

Vediamo insieme quali sono le 5 auto più iconiche nelle tavole a fumetti, cercando di restringere il campo ai veicoli realmente esistenti.

La Jaguar E-Type di Diabolik

 

È probabilmente la più iconica in assoluto tra tutte le automobili del fumetto italiano: le imprese criminali di Diabolik vengono compiute a bordo di una inconfondibile Jaguar E-Type nerissima come il travestimento del personaggio, e che è legata indissolubilmente alla sua figura. Il suo design è semplice, filante ed accattivante, ma naturalmente nelle avventure è equipaggiata anche di marchingegni ed accessori unici per sfuggire agli inseguitori. Proprio il suo più agguerrito nemico, l’ispettore Ginko, è fedelissimo ad un’altra vettura dal design molto speciale: vediamo quale!

La Citroën DS dell’ispettore Ginko

Proprio così… il principale avversario di Diabolik è sin dagli esordi al volante di una “dea”, la Citroën DS, manifestazione ed esternazione della sua giovanile passione per i motori. Il suo legame con la DS è strettissimo, hanno spesso provato a fargli cambiare auto, ma la silhouette inconfondibile di quest’auto sempre considerata paradigma di innovazione l’ha sempre fatta preferire anche ai lettori.
Solo la fedeltà al marchio del double chevron l’ha poi convinto a passare ad una Citroen XM, quando proprio il chilometraggio della “deesse” era diventato troppo elevato.

La Fiat 500 di Lupin III

Va detto che il ladro gentiluomo inventato in Giappone è sempre stato visto al volante di diversi veicoli, tutti però con la caratteristica di essere fedelissime riproduzioni, curate nei minimi particolari, degli originali, dalla Mercedez-Benz SSK fino all’Alfa Romeo Grand Sport. Tuttavia, da quando Hayao Miyazaki lo ha messo al volante di una scattante Fiat 500 nel lungometraggio “Il castello di Cagliostro”, la piccola utilitaria italiana ha iniziato ad affiancare Lupin in tutte le sue avventure, divenendo compagna perfetta per il suo stile ironico e scanzonato.

L’Alfa Romeo Giulietta Sprint di Valentina

Lei è senza alcun dubbio il più famoso personaggio femminile del fumetto italiano: la fotografa milanese Valentina Rossella, creata dal genio di Guido Crepax e più nota solo come Valentina, ha incarnato in maniera esemplare lo Zeitgeist – ossia lo spirito del tempo – dell’Italia tra il 1965 ed il 1995. Il contesto più che borghese nel quale si muoveva Valentina nelle sue storie molto cervellotiche e poco a base di azione imponeva una vettura capace di esprimere eleganza, sobrietà, un tocco di narcisismo e di sofisticazione. Nulla di meglio quindi della Alfa Romeo Giulietta Sprint, un vero capolavoro di design Made in Italy guidato da una irriducibile sognatrice.

Il maggiolone Volkswagen Typ 1 di Dylan Dog

Una relazione strettissima lega infine il fumetto più rivoluzionario degli ultimi 30 anni in Italia al suo scassatissimo e malmesso Beetle Volkswagen del 1967, con tanto di targa personalizzata DYD666. Per quest’auto va attuato il principio della sospensione dell’incredulità, in quanto non di rado viene sfasciata o distrutta per poi ripresentarsi intatta nell’albo successivo nonostante il suo proprietario sia perennemente in bolletta. Curiosa la storia su come L’indagatore dell’incubo ne sia venuto in possesso, svelata solo nell’albo N°200 della serie: fu la parcella per il suo primo caso risolto…
In un recentissimo albo sembra giunta l’ora di pensionare il vecchio maggiolone, che però per qualche arcano motivo non abbandona il suo proprietario prima che venga rescisso un “diabolico” incantesimo. A quel punto, proprio il maggiolone viene riassemblato e torna in possesso di Dylan, con la carrozzeria originaria ma finalmente messo a norma in quanto a motore!

La Nuova Mazda CX-3 prosegue sulla strada del termico

Chi credeva che il cosiddetto “dieselgate” mettesse la parola fine o quantomeno ridimensionasse in maniera sostanziale la produzione di motori a gasolio è stato costretto a rivedere le proprie previsioni dall’impulso che numerosi marchi anche generalisti hanno impresso a questo tipo di propulsori nella loro gamma.
Input decisivo è stato senza alcun dubbio il varo del nuovo e più rigoroso Protocollo WLTP che ha costretto i veicoli a controlli più severi ed attendibili, in condizioni più aderenti a quelle che realmente si affrontano su strada, e non rese quindi “asettiche” dalle misurazioni effettuate in laboratorio.


Mazda conferma la sua indole di marchio che ama viaggiare in “controtendenza”, e gioca quindi d’anticipo con la sua nuova CX-3 che rispetta già tutti i parametri che andranno in vigore in questo 2019, per un SUV compatto destinato a competere in un segmento che nella sola Europa rappresenta il 15% delle vendite, e lo fa senza tener conto dell’impegno di altri marchi verso l’ambita definizione zero emissioni perché il suo nuovo motore diesel 1.8 da 115 cavalli (che sostituisce in toto quello 1.5 da 105 cavalli) sa dimostrarsi un propulsore pulito, brillante e conveniente, sviluppato secondo un know-how che tiene perfettamente conto delle normative Euro 6.2 d-Temp per assicurare basse emissioni e consumi contenuti. Le stesse virtù sono possedute dalle due motorizzazioni benzina, denominate Skyactiv G 2.0 in versioni da 121 o 150 cavalli.

Secondo Mazda il parco di autovetture circolanti è destinato a restare, almeno per altri 15 anni, composto in prevalenza da veicoli spinti da un motore tradizionale di tipo termico. Gli automobilisti infatti sembrano ancora scettici, nonostante i progressi compiuti dal processo di elettrificazione, riguardo l’impegno degli enti e dei comuni nel mettere a disposizione adeguate infrastrutture e postazioni di ricarica, e proprio a loro la Mazda CX-3 offre il motore con il più basso rapporto di compressione al mondo.
Non ci sentiamo di dare del tutto torto alla casa giapponese perché, dati alla mano, le emissioni di CO2 totali che vanno ad impattare sull’ambiente provengono per appena il 10% o poco più dal settore automotive, che troppo spesso viene demonizzato in maniera superiore rispetto alle sue reali colpe.
Si è quindi preferito lavorare, e sodo, sullo sviluppo di tecnologie di propulsione tradizionali, ma capaci di ottimizzare gli effetti della combustione, piuttosto che investire troppe risorse in una tecnologia come quella elettrica che al momento presenta ancora dei grossi interrogativi.

Mazda CX-3 non è comunque stata rivoluzionata soltanto sotto il cofano, perché si presenta con un incisivo restyling che pur mantenendole dimensioni compatte (4,28 metri di lunghezza, 1,72 metri di larghezza ed un’altezza di 1,53 metri da terra) è comoda, confortevole e perfetta anche per lunghi viaggi.
Sono state sviluppate tecnologie di bordo che migliorano la trazione e la resa, per una vettura che si rivela coinvolgente e dall’aspetto velatamente sportivo ma con un abitacolo che è stato sottoposto a sensibili ritocchi sul fronte dell’insonorizzazione, anche a regimi sostenuti.


I prezzi di listino arrivano a 23mila euro per la versione diesel, ma includono un valore garantito dell’auto fino a 3 anni come ulteriore invito a fidarsi: ci sarà davvero da divertirsi nell’assistere a questa sfida senza quartiere lanciata alle concorrenti!

 

La nuova Toyota Rav4 Hybrid svolta verso l’ecologico

Il concetto stesso di Sport Utility Vehicle ha subito, sin dal lancio del primo Toyota Rav4 nel 1994, una vera rivoluzione copernicana. Si trattò all’epoca della trasformazione di un classico fuoristrada in un veicolo molto più trasversale, grazie alle moderne tecnologie ad esso applicate.

Adesso Toyota Rav4 giunge alla sua quinta generazione e si mantiene fedele alla sua filosofia di soluzione adatta a tanti automobilisti (8 milioni e rotti di esemplari venduti non sono certo cifre da soli fuoristradisti) e vede l’adozione della motorizzazione ibrida, opzione che sta facendo le fortune del costruttore giapponese senza alcun dubbio di sorta.
È calibratissimo il tempismo con il quale Toyota propone come unico propulsore per il suo nuovo Rav4 il Powertrain Full Hybrid Electric, ed indica l’intento di cavalcare in pieno la new-age elettrica ed il generale, diffuso bisogno di una transizione energetica verso una mobilità più sostenibile.

Tra i grandi marchi generalisti va di certo riconosciuta proprio a Toyota la palma di chi per primo ha creduto in maniera convinta nell’elettrico, sin dal debutto della Toyota Prius nel 1997. Il Rav4 è stato totalmente rinnovato per il suo rilancio, dal design alle tecnologie digitali di bordo, ed essere spinto da questo motore che combina il 2.5 a benzina con la propulsione elettrica (per 222 cavalli complessivi) è componente di tale completo passo avanti.

Il modello è stato perfettamente studiato per offrire non solo eleganza, ma anche dinamismo ricco di comfort: si muove agilmente nel traffico urbano pur essendo lunga 4,60 metri, e nei passaggi autostradali o nelle lunghe traversate risponde con eccezionale prontezza, per poi mostrare ovviamente tutta la sua reattività nell’off-road con la modalità di guida Trail ed i supporti elettronici che agiscono sui percorsi a bassa aderenza.
C’è di inedito il linguaggio stilistico degli esterni, funzionale all’integrazione di questo modello nel gusto contemporaneo. Nell’abitacolo poi si è lavorato moltissimo per accrescere le sensazioni di qualità percepita, e gli interni sono curatissimi nei materiali, molto meno spartani rispetto al passato, ed offrono comfort a tutti gli occupanti con spazi ampi e ben distribuiti.

A completare la tecnologia per questo modello di svolta della gamma Toyota troviamo un pacchetto di sistemi di sicurezza attiva e passiva e di assistenza alla guida completissimo, il Toyota Safety Sense 2.0 previsto di serie su tutti gli allestimenti, un altro tassello della strategia che punta a mantenere il suo record di SUV più venduto al mondo anche in quest’epoca di profondi cambiamenti del modo stesso di intendere non solo l’auto, ma anche il suo possesso.

 

Protocollo WLTP per le nuove auto ed ecotassa 2019

Se hai già sentito pronunciare la sigla WLTP oppure ne hai letto sui giornali ma soprattutto sui cartelloni pubblicitari, sei di certo stato incuriosito dal suo significato e da ciò che può rappresentare per il futuro prossimo venturo per chiunque abbia intenzione di acquistare una nuova automobile.


Noi vogliamo spiegarti non solo che cosa significa, ma anche come e perché si è arrivati a questo autentico giro di vite nell’ambito dell’Unione Europea e delle normative legate alle caratteristiche che i veicoli devono possedere per essere messi in commercio, perché il protocollo di omologazione WLTP va a sostituire la vecchia procedura di certificazione NEDC datata addirittura 1992.
È già da settembre del 2017 in vigore il controllo per i veicoli messi in commercio per la prima volta, mentre dal mese di settembre 2018 tutti i veicoli commercializzati devono obbligatoriamente essere omologati secondo il Worldwide Harmonized Vehicle Test Procedure, un protocollo di test di laboratorio accompagnato dalla valutazione RDE (Real Driving Emission) per misurare le emissioni inquinanti.

La principale caratteristica di questa vera rivoluzione risiede nella concreta comunicazione ai consumatori di una visione molto più precisa ed attendibile dei consumi di carburante e delle emissioni di CO2.

Caratteristiche del protocollo WLTP

Il protocollo prevede sostanzialmente 5 passaggi chiave:

  • Una misurazione delle emissioni per informazioni più precise ed attendibili
  • Cicli di test effettuati su distanza ben più lunghe
  • Velocità più elevate durante i test
  • Comportamento di guida “a scatti”, più nervoso e vicino alla realtà
  • Cicli protratti anche nel tempo.

Da tali presupposti scaturisce una rappresentazione più realistica ed attendibile di quelle che sono le effettive condizioni di utilizzo di un veicolo, tenendo quindi conto anche delle variabili e delle diverse tecnologie di bordo di cui è munito.
Il profilo di guida portato avanti durante i test è più dinamico e severo, e prevede di mettere “alla frusta” la vettura oggetto d’esame, ottenendo dati che non sono affatto teorici come accadeva con il NEDC ma corrispondenti al reale impatto del motore sull’ambiente, con un ciclo di prova di riferimento molto più rigoroso, in situazioni dinamiche ed eterogenee e non standardizzate o rese “asettiche” dal loro rilevamento in laboratorio, che così meglio riflettono la situazione effettiva.

Conseguenze del WLTP sull’ecotassa 2019

In presenza di modifiche normative e fiscali quali la cosiddetta ecotassa, che andrà in vigore nel corso del 2019, possiamo però tranquillizzare parte dei nostri lettori con due considerazioni ben distinte.
L’ecotassa riguarderà solo i SUV e le cosiddette auto di lusso, e non coinvolgerà altri segmenti riservati ad automobilisti dalle pretese più morigerate.
La seconda considerazione concerne i valori ottenuti dal protocollo, che in alcuni casi possono risultare più elevati rispetto a quelli misurati in precedenza con il NEDC, ma questa è diretta conseguenza della maggior severità e maggior durata dei test WLTP e RDE.
A ciò stanno ovviando praticamente tutti i marchi generalisti e non, che non possono rischiare di farsi tagliar fuori dal mercato e stanno quindi mettendo in atto tutte le procedure di adeguamento tecnologiche, tecniche e meccaniche necessarie per essere in regola, in molti casi anche con un discreto anticipo.

Siamo invasi proprio da spot che puntano su questo aspetto, il che costituisce anche un impegno concreto del quale non possiamo che essere soddisfatti.

 

Nuova T-Cross è il crossover che mancava

Si fa largo lo “stile social” anche tra le autovetture, soprattutto in concomitanza con le presentazioni dei nuovi modelli. Fanno ormai parte della comunicazione integrata figure come i blogger, gli influencer, le star in genere e tutti coloro che possono garantire un nutrito seguito sul web.
Siamo sempre connessi, ed il gruppo Volkswagen ha intrapreso una strada in linea con i tempi per veicolare il messaggio del lancio di un modello destinato a fare storia come la T-Cross, affidando alla modella e attrice Cara Delevingne il ruolo di ambasciatrice dall’alto dei suoi 40 milioni di followers.

La campagna è così stata globale e giovane, esattamente come la platea alla quale T-Cross, del tutto innovativa nel suo concept, si rivolge: parliamo infatti di un mini-crossover, ossia di un SUV compattissimo (è lungo appena 411 cm) che segna un punto si svolta per il gruppo, finalmente entrato nell’ottica giusta per essere competitivo in un settore che se oggi rappresenta circa il 20% delle vendite a livello mondiale, molto presto con gli attuali ritmi di crescita potrebbe anche raggiungere il 50%.

Tra l’altro T-Cross si presenta come “cugina” nemmeno troppo lontana di un grande successo commerciale dello stesso gruppo, la Seat Arona, che in questo senso ha fatto da apripista vagliando le risposte del mercato e confermando che il pubblico chiede esattamente questo: freschezza, versatilità, agilità, il tutto concentrato in veicoli dalle linee nette e personalissime, che nel caso della T-Cross si fanno davvero cool ricordando l’identità della Touareg con il suo frontale e l’impostazione generale.
Il tutto è naturalmente rivisto in misure compatte: si potrebbe dire che in questo nuovo modello troviamo l’interpretazione al rialzo e in chiave SUV della categoria Polo!

La nuova T-Cross sarà disponibile a partire da maggio con 2 motori benzina TSI da 3 cilindri 1.0 (con 95 o 115 cv) e con il classico 1.6 diesel TDI, ed inoltre si potrà scegliere anche la trasmissione partendo dalla manuale a 5 o 6 marce fino al cambio automatico DSG a doppia frizione e 7 rapporti.
Dotazioni molto importanti ed ai massimi livelli già nelle versioni base per quanto riguarda assistenza alla guida e sicurezza: controllo della marcia in corsia, riconoscimento dei pedoni con frenata di emergenza, assistenza in parcheggio per l’angolo cieco sono parte dell’entry level, per poi salire di categoria con le versioni più equipaggiate che avranno anche touch screen da 8″.
Scopriremo in primavera se Volkswagen ci ha visto giusto!

DS 3 Crossback, lusso da ammirare e guidare

Stile ed estrema cura per i dettagli sono da sempre i tratti distintivi di DS Automobiles, virtù che hanno permesso a questo marchio di conquistarsi autonomia ed indipendenza all’interno della grande famiglia PSA sin dal 2014. È finita l’epoca in cui questi modelli rappresentavano solo una declinazione “chic” degli equivalenti veicoli Citroën, come testimonia anche il varo di un progetto totalmente inedito e non derivato come la DS 7 Crossback.

Lo spirito DS si fa molto più marcato nella rielaborazione in chiave crossover della DS 3, al fine di tenere il passo di concorrenti di pari grado come la Audi Q2 o la Mini Countryman con ricchezza di personalità e di dotazioni ed una linea da crossover compatto molto elaborata che si sviluppa su una lunghezza di 412 cm.
Un frontale con gigantesca mascherina anteriore, e poi linee eleganti e raffinate che sono state disegnate per renderla sinuosa e quasi scultorea con la sua carrozzeria all’avanguardia, nella quale sono integrate le maniglie a scomparsa – che fuoriescono avvicinandosi all’auto – e che eredita dalla DS 3 la pinna caratteristica sulla fiancata, inconfondibile tratto di stile che è in realtà anche un trucchetto nel quale sono alloggiati i tweeter posteriori dell’impianto stereo.

La sua silhouette imponente ma così raffinata trova come prevedibile negli interni una conferma della vocazione di questo progetto, rivolto a un pubblico esigente e dai gusti molto raffinati. L’abitacolo è curatissimo e con dotazioni rare per un modello di questa categoria, con una plancia che include cruscotto digitale, ampio schermo da 10,3 ” e head-up display, ma anche personalizzazioni derivate dalla ancora più lussuosa DS 7 Crossback come gli ambienti interni e gli interruttori a forma di diamante.
Molto composita anche la scelta degli esterni, con dieci tinte disponibili per la carrozzeria e 3 colori per il tetto che sembra quasi “sospeso” per via dei montanti neri.

Va detto però che la cura non è stata riservata al solo aspetto esteriore, perché a livello tecnico e meccanico la DS 3 Crossback si fa notare ad esempio per la nuova piattaforma CMP, che il Gruppo PSA sfrutterà anche per tutte le future crossover.
C’è poi un completissimo pacchetto di sistemi di sicurezza ed assistenza alla guida, uno dei suoi punti di forza: parcheggio semiautomatico DS Park Pilot, frenata automatica di emergenza, Cruise Control fino a 180 km/h e molto altro ancora, ed il tutto con un listino che parte da una cifra più che accettabile se si considerano queste premesse, ossia 24mila €.

I motori che saranno disponibili al debutto, previsto per il maggio del 2019, sono il turbo 1.2 benzina in 3 diverse versioni da 100, 130 e 1505 cavalli, e un diesel 1.5 da 100 o 150 cavalli.
Arriverà poi nella seconda metà del 2019 la DS 3 Crossback con motore elettrico, denominata E-Tense, con un motore da 136 cavalli alimentato dalle batterie alloggiate sotto il pavimento e che in base ai test del protocollo WLTP offrirà autonomia pari a 300 km ed una ricarica all’80% in soli 30 minuti.

Segnaliamo infine un’edizione limitata, la DS 3 Crossback La Premiére, ancora più curata se possibile nei dettagli, con interni dedicati e in materiali nobili ed uno spirito ancora più audace ed estroverso.

 

Breve storia del Maggiolino che va in pensione

È una storia molto lunga quella del Maggiolino Volkswagen, che prende le mosse addirittura dall’epoca della Germania nazista. Fu lo stesso Hitler a desiderare di rendere l’automobile in generale più accessibile e non un privilegio riservato a pochi, trasformandola per l’appunto in auto del popolo ovvero Volkswagen, anche se all’inizio il suo nome fu KDF-Wagen.
Obiettivo era quello di raggiungere la “forza attraverso la gioia” come sintetizzava la sigla del dopolavoro tedesco di quei tempi, con un progetto che – nato sotto l’egida della svastica – non ha inizialmente attecchito proprio a causa della guerra. Nei decenni successivi i mutati scenari gli hanno però permesso di crescere ed evolversi diventando una vera world car, una delle auto più amate del mondo, con una diffusione strepitosa e una altrettanto concreta influenza sui costumi della società.

Il secondo passaggio di questa storia fuori dal comune è rappresentato dal suo vero rilancio e dalla vera esplosione del suo fenomeno: la fabbrica della cittadina di KDF-Stadt, diventata dal 1945 Wolfsburg, inizia a produrre in serie un veicolo che si fa forte di 3 caratteristiche essenziali e fuori dal comune che messe insieme ne favoriscono le potenzialità infinite:

  • un motore boxer a 4 cilindri raffreddato ad aria
  • un robusto telaio a piattaforma che supporta una carrozzeria di eccezionale aerodinamicità
  • affidabilità ai vertici, assicurata dalla sperimentazione in ambito bellico

La produzione raggiunge così in breve tempo le 10.000 unità e la sua esportazione non sembra più un miraggio, anzi, diventa lo strumento che ne moltiplica il successo, prima nei Paesi Bassi e successivamente addirittura negli Stati Uniti, dove la sua originalità attecchisce smentendo ogni previsione se si pensa agli standard delle auto statunitensi.

L’espansione di quello che in Germania viene chiamato Kafer, ossia scarabeo, è vertiginosa, e raggiunge ben 29 paesi nel 1951 (questa cifrà arriverà addirittura a 140) mentre nel 1955 si celebra addirittura il milionesimo esemplare prodotto.

Anche l’Italia rientra nel programma di espansione, e sin dal 1954 sul nostro mercato si impone con il suo look così sbarazzino un modello come il Maggiolino, che pur costando di più rispetto alle utilitarie nostrane dell’epoca ed essendo persino inferiore ad esse in termini di prestazioni pure, viene amata non solo per l’aspetto insolito ed accattivante ma anche per la sua comprovata longevità, per la qualità costruttiva e da molti anche per la disinvoltura con cui sa muoversi anche su terreni più accidentati e sconnessi.

I suoi pregi la trasformano in un’auto apprezzata a qualsiasi latitudine, rendendola nei decenni a seguire un modello a diffusione planetaria in qualsiasi continente. Dieci milioni di esemplari nel 1967, addirittura 15 milioni nel 1972 testimoniano come Maggiolino, da piccola intuizione, sia diventato una mania con pochissimi rivali, e naturalmente il progresso della tecnica e delle tecnologie di produzione hanno permesso di aggiornare i vari modelli rendendoli ancora più confortevoli e riccamente equipaggiati, spingendo verso l’alto anche potenze disponibili e cilindrate.
Continua ad essere una delle auto più amate al mondo anche quando viene introdotta una variante iconica come la sua versione cabrio (per intenderci, quella guidata dal personaggio di un fumetto storico come Dylan Dog, a testimonianza della sua influenza nella cultura occidentale) mentre il 1970 è l’anno in cui debutta una versione dal frontale allungato, al quale viene subito appioppato l’affettuoso nome di Maggiolone.

La prima Volkswagen messa in commercio continua ad essere presente nella gamma anche quando si affacciano nuovi modelli Volkswagen che faranno anch’essi la storia come Passat o Golf, e la sua epopea prosegue fino al 2003.

Non riscuote lo stesso successo la rivisitazione in chiave retrò  al debutto nel 1997 e chiamata New Beetle, che viene accolta tiepidamente in Europa e con un po’ di entusiasmo in più negli Stati Uniti. La sua seconda serie, introdotta nel 2011 ad immagine e somiglianza del fenomeno iniziale, uscirà definitivamente di scena e produzione l’anno prossimo con un pensionamento dettato dell’evolversi del gusto e della moda, che calerà il sipario sulla storia di una delle auto più iconiche mai prodotte e che continuerà però ad essere oggetto di attenzioni, ne siamo certi, da parte dei collezionisti.

Con la cura Moschino, Renault Clio si fa ancora più bella!

Le collaborazioni tra i grandi marchi del panorama automobilistico internazionale e le case di alta moda più affermate conducono spesso alla realizzazione di modelli dal design intrigante, seducente ed in grado di attirare i più narcisisti.

È il caso di Renault Clio Moschino, per un’auto che rappresenta la regina del segmento B in Italia e che in questa personalizzazione che rinomina l’intera gamma ora disponibile acquista un fascino ancora più irresistibile.
Il marchio francese ha colpito nel segno mescolando lo stile del tutto peculiare di questo brand alla moda con una personalizzazione sobria per gli esterni, con speciali pattern Black&Gold su modanature, specchietti ma anche su alcuni dettagli degli interni, con in più i badge identificativi.
L’intera gamma come dicevamo è così rinominata in allestimenti Moschino Life, Moschino Zen e Moschino Intens, il top assoluto per le dotazioni, e sebbene sappiamo molto bene che si tratta degli ultimi mesi di vita commerciale per questa generazione di Renault Clio (vedremo successivamente il perché) l’operazione non sembra affatto rappresentare una banale manovra di marketing per “smaltire” qualche unità in eccesso, perché il modello è stato arricchito non solo di stile ma anche di ritrovati tecnici e tecnologici (si pensi al nuovo motore turbo benzina entry-level) che raramente vengono riservati ad un veicolo a fine carriera.

Clio resta e si conferma uno dei veicoli di segmento B meglio disegnati, con le sue proporzioni sportiveggianti e linee sensuali. Il progetto è ambizioso per entrambi i marchi e sancisce una condivisione di valori fatta di riconoscibilità e del desiderio di raggiungere un pubblico molto ampio, già ben convinto dalla qualità non solo estetica ed ora invogliato da un listino particolarmente allettante che parte da soli 14.400 €.
La cifra, per quanto offerto fin dall’allestimento base, è sorprendente perché include telecamera con sensori di parcheggio, schermo touch da 7″ e radio MP3 per poi chiaramente salire negli equipaggiamenti e nei prezzi.

Tra i motori, oltre al già descritto e debuttante benzina TCe Turbo da 75 cavalli e 3 cilindri che sostituisce il vecchio aspirato, troviamo il TCe90 anche con alimentazione GPL oltre al grande classico di casa, il diesel 1.5 dCi, anche con cambio automativo a doppia frizione.

Stilisticamente, Clio è un modello ancora del tutto attuale con delle peculiarità uniche, e per l’evoluzione tecnologica in atto è forse solo stata messa al passo con i tempi in questi nuovi allestimenti, in attesa di ammirare l’annunciata nuova generazione che sarà presentata nel massimo sfarzo al prossimo Salone di Ginevra, nel mese di marzo 2019.

 

Porsche Panamera GTS, un super bolide facile da gestire

Per una presentazione in stile a dir poco epico della nuova Porsche Panamera GTS è stato scelto un palcoscenico prestigioso e suggestivo come il Bahrein International Circuit, teatro dell’omonimo GP di Formula 1 e scenario dall’atmosfera unica in special modo quando cala il sole e vengono accesi i potentissimi riflettori che illuminano a giorno la pista.

 

La leggiadria con la quale questa nuova, sportivissima ammiraglia Porsche ha danzato tra i cordoli del circuito ha emozionato e sorpreso tutti soprattutto se si considerano la sua lunghezza, che va ben oltre i 5 metri, e la stazza, che supera le 2 tonnellate.

Dovrebbe essere – ed a tutti gli effetti lo è – una ammiraglia da lunghe percorrenze e grandi viaggi, tuttavia la Panamera GTS (che si può scegliere sia in configurazione berlina che Sport Turismo) offre tenuta di strada anche ad elevate velocità, e capacità dinamiche molto fuori dal comune, in quanto la potenza è assicurata dall’unico propulsore disponibile, il 4.0 V8 bi-turbo con 460 cavalli gestito da un cambio PdK ad 8 rapporti e doppia frizione, coadiuvato in più dalla trazione integrale che va ad aggiungersi ad un pacchetto di sistemi di sicurezza di tutto rispetto.

Ciò che in particolare rende unica la Panamera è la facilità di guida anche a regimi molto sostenuti, di quelli che di certo non si raggiungono sulle strade di tutti i giorni ma che sono stati ben evidenti sul circuito del Bahrein, merito questo anche dei freni carbo-ceramici e della gestione elettronicamente controllata dell’intero telaio, per un assetto generale che si fa apprezzare in maniera speciale perché, su un bolide capace dello 0-100 in 4,1 secondi e con una velocità di punta di 292 km/h, riesce però a sedurre con l’eleganza combinata alla propensione al divertimento più spinto.

L’abitacolo è il giusto coronamento di tanto sfarzo motoristico, con un trionfo di tecnologie, tecnica e design di rilievo impreziosito da materiali di primissima scelta quali l’alluminio anodizzato o l’Alcantara, con inoltre delle finiture “dark” (presenti anche sugli esterni) che tanto contribuiscono a costruire sulla Panamera l’enfasi dello stile sportivo.

Non ci vogliono certo 2 spiccioli per portarsela a casa, ma chi ha familiarità con il mondo Porsche non si spaventerà di fronte ai 143mila € di partenza del suo listino.

Porsche Panamera GTS, un bolide facile da gestire